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SICILIA - IL FASCINO MEDITERRANEO

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Sicilia - Palermo (PA)

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Palermo

Prima città greca e romana, poi capitale araba, in seguito conquistata da normanni e svevi, questa è Palermo, un luogo in cui convivono la preziosità arabesca e normanna, il gusto barocco e liberty dei monumenti, palazzi e teatri, ma anche dei giardini e dei mercati. L'influenza del passato multietnico di Palermo è visibile nella Cattedrale, maestoso edificio iniziato nel XII sec. e più volte rimaneggiato, arricchito da una cupola settecentesca e un campanile medievale. Nata su una basilica preesistente, trasformata in moschea dagli arabi e poi riconsegnata dai normanni alla religione cristiana, la cattedrale è abbellita con decorazioni gotiche e custodisce le reliquie di Santa Rosalia, patrona della città. Vi si trovano anche le tombe degli imperatori, tra cui Ruggero II e Federico II. Nelle vicinanze sorge il Palazzo dei Normanni, in origine edificio arabo, da sempre sede del potere: contiene la cappella Palatina, ricca di mosaici di influenza bizantina che, insieme a quelli della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio (o Martorana), rappresentano dei veri e propri capolavori d’arte. L’elegante Martorana, con l’alto campanile ad arcate, risale all’epoca normanna, mentre la monumentale fontana Pretoria che occupa la vicina piazza omonima è di stile barocco.La strada che va dalla cattedrale alla Martorana passa attraverso piazza Vigliena, detta i “Quattro canti”, un incrocio decorato da statue e fontane del Seicento. Su piazza della Pretoria si affaccia il seicentesco palazzo del Municipio, con una splendida fontana del Cinquecento costituita da ben 644 gruppi marmorei. È in questa zona che le strade portano nomi in italiano, arabo ed ebraico. Da qui, inoltre, si scende verso il mare, passando per la Vuccirìa, il mercato più antico e animato della città, in piazza San Domenico, dove sorge l’omonima chiesa, fra i più interessanti edifici barocchi cittadini.Altro edificio di epoca normanna è la chiesa sconsacrata di San Giovanni degli Eremiti, con le cupole rosse orientaleggianti, edificata sulle fondazioni di un’antica moschea. Nel cuore antico della città si trova l’imponente edificio trecentesco detto Steri (da hosterium, palazzo fortificato), già carcere e tribunale, oggi sede del rettorato universitario. Qui vicino sorgono la chiesa di Santa Maria degli Angeli, e Palazzo Abatellis, sede della Galleria regionale che ospita opere d’arte e dipinti che vanno dal medioevo al ‘700. La parte più moderna di Palermo è dall’altro lato della città. Superando il neoclassico Teatro Massimo, tempio della lirica, in piazza Politeama si scorge l’altro teatro cittadino, Teatro Politeama Garibaldi, eretto a metà Ottocento in stile pompeiano.Attrattiva cittadina è il caratteristico Teatro dei Pupi, teatro delle marionette, i cui protagonisti sono da sempre Carlo Magno e i suoi paladini. Lungo via Libertà, ombreggiata dagli alberi, si entra nella zona dove trionfa l’architettura ottocentesca e liberty, i cui splendidi simboli sono le vie squadrate e animate. L’Orto botanico, fondato nel 1789, è famoso per gli esemplari provenienti da tutto il mondo. Più lontani dal centro sono, invece, la Zisa (sulla piazza omonima) e la Cuba (in corso Calatafimi), costruzioni orientaleggianti, risalenti al regno di Guglielmo II. 

Monreale

La città di Monreale si trova nella Sicilia occidentale, in provincia di Palermo. Nasce ai tempi della dominazione araba come piccolo villaggio sulle pendici del Monte Caputo da dove domina tutta la Conca d’oro e la città di Palermo. Questa posizione fu scelta dagli arabi alla luce di una strategia difensiva: lontani dal mare e più in alto in modo da poter controllare la valle. Pian piano il villaggio cresce e gli arabi vengono cacciati dai normanni, nell’XI secolo. Sotto il dominio dei normanni Monreale acquisisce importanza, diventando riserva di caccia dei dominatori e poi anche residenza.Nel 1170 circa Guglielmo II, detto “il buono”, dopo aver sognato la Madonna, costruì un tempio a lei dedicato disponendo che vi abitassero cento monaci con il Capo Abate Teobaldo, che successivamente fu insignito del titolo “Signore della Città”. Con il passare degli anni il prestigio della città crebbe diventando residenza estiva di diverse famiglie benestanti palermitane che decidevano di passare i giorni di relax e di sole lì tra l’aria fresca e i magnifici panorami.

Marsala

Con i suoi 25.000 ettari di territorio ed una popolazione di 80.000 abitanti, la città di Marsala sorge su un ameno promontorio a ridosso del mare. Il centro storico era anticamente racchiuso entro una cinta muraria di forma pressoché quadrata e l'ingresso alla città era possibile attraverso le imponenti porte che si aprivano sui quattro lati.Delle quattro originarie, oggi è possibile ammirarne solo due: Porta Garibaldi, sulla quale un'iscrizione in latino affida a Dio chi entra e chi esce dalla città, e Porta Nuova.Per la limpidezza delle sue acque, ha ottenuto più volte la Bandiera Blu dell'Unione Europea.

Isole Egadi

L'arcipelago delle Isole Egadi sorge di fronte alla costa occidentale della Sicilia ed è formato da tre isole più grandi - Favignana, Levanzo e Marettimo - e un insieme di scogli e isolotti: Isola di Maraone, Isola Formica, Isole dello Stagnone, Isola Galera, Isola Galeotta e lo scoglio di Fariglione.Già conosciute anticamente col nome latino Aegates (dal greco Aegatae “isole delle capre”), queste isole rivestono un grande interesse archeologico, storico e naturalistico e, grazie al clima mite e allo spettacolare paesaggio naturale, rappresentano una meta ambita dai turisti di tutto il mondo.Antiche tradizioni, come la pesca del tonno, spiagge incontaminate e acqua limpidissima in cui praticare immersioni subacquee sono tra le caratteristiche principali delle isole Egadi che fanno parte dell'omonima Riserva marina, istituita nel 1991.In alcune delle isole sono state rinvenute tracce preistoriche visibili di antichi insediamenti umani.

  • Favignana è l'isola più grande ed ha la forma di farfalla. Nelle sue acque i romani affondarono 150 navi dei cartaginesi in una delle più importanti battaglia della prima guerra punica. Offre splendide cale, grotte e cave di tufo.
  • Levanzo, ricca di tesori archeologici e resa famosa dalla splendida Grotta del Genovese con graffiti risalenti a 15.000 anni fa, offre anche magnifici fondali per le immersioni.
  • Marettimo, è la più selvaggia e intoccata. È anche detta l'isola delle grotte, sono infatti 400 solo quelle marine.
  • Formica è la più piccola e ospita un faro, una tonnara e vecchie abitazioni di pescatori, ormai abbandonate.

C'è poi lo scoglio di Maraone, popolato da gabbiani e nelle cui acque è stato ritrovato un mirabile vaso da vino romano del I sec. a.C.

Selinunte

Selinunte (greco Selinos, latino Selinus) era una antica città greca sulla costa sud-occidentale della Sicilia. Il sito archeologico è composto da cinque templi costruiti intorno ad una acropoli. Dei cinque templi solo il tempio E (il cosiddetto tempio di Era) è stato ricostruito.Secondo Tucidide, Selinunte fu fondata verso la metà del VII secolo a.C. da coloni greci provenienti da Megara Iblea. Il sito scelto stava sulla costa del Mar Mediterraneo, tra le due valli fluviali del Belice e del Modione.
La città ebbe una vita breve (circa 200 anni). In questo periodo la sua popolazione crebbe fino a raggiungere le 25.000 unità. Il nome deriva dal sedano selvatico (σέλινον in greco) che i coloni vi trovarono in abbondanza. Una pianta di sedano era raffigurata anche sulle monete coniate più tardi a Selinunte.La città fu l’avamposto occidentale della cultura greca in Sicilia. Si alleò con Cartagine, soprattutto per assicurarsi protezione contro la vicina città elima di Segesta. Ma dopo la disastrosa Campagna di Sicilia degli ateniensi (415-413 a.C.) cambiarono gli equilibri: Segesta, prima alleata di Atene, riuscì ad assicurarsi l’alleanza con i cartaginesi. I selinuntini non avevano colto i segni del cambiamento e distrussero Segesta, che credevano ormai priva di protezione. La reazione di Cartagine fu drastica: la città venne assediata per nove giorni da un esercito di 100.000 cartaginesi e, secondo Diodoro Siculo, fu distrutta completamente. Su 25.000 abitanti 16.000 morirono e 5.000 furono fatti prigionieri.Selinunte fu successivamente ricostruita da coloni greci e punici. Nel 250 a.c. Roma, dopo aver vinto la prima guerra punica, distrusse una seconda volta la città, che non si sarebbe più ripresa.I ruderi della città si trovano sul territorio del comune di Castelvetrano, nella parte meridionale della provincia di Trapani. Tutto il terreno interessato forma oggi un parco archeologico della dimensione di ca. 40 ettari.Il parco archeologico di Selinunte è oggi considerato il più ampio ed imponente d’Europa: si estende per 1740 km quadrati e comprende numerosi templi, santuari e altari. [1] Le sculture trovate negli scavi di Selinunte si trovano soprattutto nel Museo Nazionale Archeologico di Palermo. Fa eccezione l’opera più famosa, l’Efebo di Selinunte, che è oggi esposto al Museo Comunale di Castelvetrano.I resti di Selinunte sono divisibili in tre aree principali, l’Acropoli, la collina orientale, e il santuario della Malophoros.

Mazara del Vallo

La cosa più suggestiva della città di Mazara del Vallo è sicuramente il vecchio centro storico, chiamato Casbah (o Kasbah), il cui impianto urbanistico ha i tratti tipici dei quartieri islamici.Secondo lo storico greco Tucidide, Mazara sarebbe sorta come colonia fenicia sulla sponda sinistra della foce del fiume Mazaro, ma solo durante dominazione araba che la città avrebbe raggiunto il massimo splendore. Si puntò molto sulla città, per via del clima favorevole, della fertilità della terra, del porto posto su un punto strategico per il commercio, tanto che diventò una delle città più importanti della Sicilia occidentale. Dell'antico splendore arabo rimane ben poco.Della possente cinta muraria di allora è rimasto poco. Si è ben conservata, invece, la già citata casbah, un’area caratterizzata da stradine strette e vicoli, che intrecciandosi tra loro formano una fitta rete urbana. Uno stratagemma per difendersi dal vento del luogo, ma anche da possibili attacchi nemici; tutt’oggi riscontrabile nei quartieri posti a nord-ovest e a nord-est del quadrilatero dell'antica città murata: S.Francesco e la Giudecca, i cui abitanti discendono dalle antiche popolazioni del periodo più florido.Nello splendido museo cittadino, visitabile nel centro storico, è possibile ammirare la statua bronzea del "Satiro Danzante".

Erice

Se le origini di Erice si perdono nella nebbia del tempo, passeggiando tra le stradine acciottolate del borgo medievale sulla cima di monte San Giuliano, quella stessa nebbia lascia scoprire segni, simboli e leggende nate ben prima di punici, e romani che qui eressero un santuario dedicato alla dea della Bellezza e dell’Amore. Visitare Erice significa, infatti, perdersi tra mille scorci di stradine basolate, fortificazioni, antiche chiese (la Matrice e Sant’Orsola), conventi, botteghe artigiane (produzione di ceramica, dolci tipici, tappeti), pinete e giardini, per poi smarrirsi, sul bordo della cittadina, in panorami mozzafiato verso le isole Egadi, lo Stagnone, le Saline e i campi coltivati di tutta la provincia di Trapani.
Su un altopiano cinto da possenti mura ciclopiche, dalla simbolica e misteriosa pianta di triangolo equilatero, si trova il piccolo borgo medievale di Erice. Le stradine e i vicoli acciottolati si snodano fitti al suo interno e diventano ancor più suggestivi se attraversati in una giornata di nebbia, caratteristica climatica della cittadina. Perdersi tra le sue vie, dalla tipica pavimentazione a selciato, è un buon modo di assaporarne l’atmosfera, sbirciando tra i caratteristici cortili interni delle abitazioni e godendo degli scorci che si aprono tra chiese, palazzi antichi e castello, testimonianza di un glorioso passato. Al giro per le viuzze, così piccole da consentire talvolta il passaggio di una sola persona, si abbinano passeggiate immerse nel verde dei Giardini del Balio da cui si può ammirare uno tra i più bei panorami della Sicilia: si possono distinguere saline e campagne con sullo sfondo il mare e le Isole Egadi, mentre nelle giornate limpide si scorgono addirittura Pantelleria ed Ustica.
Il territorio presenta differenziazioni legate ad una molteplicità di fattori stazionali. Infatti risalendo dal mare verso la sommità del monte si attraversano tre tipi di clima: quello marino, quello collinare e quello appenninico, passando dalla vegetazione alofita vicino al mare  a quella del carrubo e del leccio ed infine più a monte dove si trovano il  Frassino (Fraxinus ornus ) e la Roverella  (Quercus pubescens ), una quercia spogliante che si trova sulle pendici esposte a nord.
La flora di Erice è quanto mai varia  ed è stata oggetto di analisi da parte di numerosi studiosi già a partire dall’inizio del 1800. La presenza di circa 20 specie endemiche caratterizza quelle più espressive e rappresentative della flora, come la  Brassica drepanensis e Limonium ponzoi presenti esclusivamente nella provincia di Trapani.
Distribuiti nei vari ambienti a loro più consoni, dalle rupi ai boschi, dai coltivi alle vicinanze dei torrenti, svariate sono le specie di uccelli alcuni migratori altri stanziali presenti nel territorio.
Le prime notizie su Erice la danno come città sacra agli Elimi, popolazione di cui ancora non sono chiare le origini con un tempio-santuario, meta di pellegrinaggi e dedicato alla dea della fecondità. Nei secoli Punici, Greci e Romani vi venerarono rispettivamente Astarte, Afrodite e Venere, rendendo Erice un importante luogo di culto e punto di riferimento per quei naviganti di cui la Venere Ericina divenne protettrice. Durante l’impero romano Erice  perse la sua importanza strategica, per assumere nuovamente centralità, dopo gli Arabi, sotto i Normanni. Essi cambiarono il nome del paese e del monte in San Giuliano, edificando un castello al posto del santuario e conferendo al centro e al territorio l’assetto attuale: le fortificazioni furono consolidate  e la città assunse un ruolo di primo piano come presidio della costa e del vasto territorio sottostante.
L’antica cinta muraria, a pianta triangolare, è costituita sul livello inferiore da grandi blocchi megalitici isodomi, attribuiti ad età elimo-punica e da un livello superiore di età medievale. Nei blocchi inferiori si possono leggere ancor oggi, chiaramente incise, numerose lettere fenicie. Le mura erano poi inframmezzate da torri e postierle, piccole porte di cui oggi rimangono pochi esemplari. Altra struttura di interesse archeologico è il Castello, in cui si conservano i resti del tempio di Venere e di un edificio termale romano, “il muro di dedalo” in tecnica isodoma e il cosiddetto pozzo di Venere, nel quale, secondo la leggenda, la dea si bagnava e in cui sono stati rinvenuti diversi reperti archeologici. Da non dimenticare infine la prassitelica testina di venere, simbolo della città, i vasetti della necropoli punica e la collezione numismatica, conservati al Museo Civico.
Le chiese di Erice, oltre a rappresentare pregevoli esempi di stili architettonici, custodiscono al loro interno preziose opere d’arte. Tra esse assumono un ruolo di primo piano le sculture di scuola gaginesca: nella chiesa Madre  sono ospitate una quattrocentesca Madonna col Bambino attribuita a Domenico Gagini, un grande bassorilievo marmoreo raffigurante la Madonna  attorniata da Santi e con scene della passione di Cristo (opera cinquecentesca di Giuliano Mancino) e la veneratissima Madonna di Custonaci, copia ottocentesca dell’originale (fine sec.XV) custodito nell’omonimo santuario. All’interno della chiesa di San Giovanni Battista si possono ammirare, invece, una scultura raffigurante San Giovanni Evangelista di Antonino Gagini e una statua di San Giovanni Battista opera di Antonello Gagini; dello stesso autore è una Madonna col Bambino custodita nella chiesa di Sant’Orsola. Completano questo ricco quadro le preziose opere visibili nel Museo Cordici.
È impossibile sintetizzare il tesoro di pietra custodito a Erice, dove la cinta muraria elimo-punica conserva tre porte di ingresso (Porta Spada, Porta Carmine, Porta Trapani) quasi integre e risalenti alla dominazione normanna. Poco oltre le mura si trova il Quartiere spagnolo, del XVII sec., imponente struttura incompiuta e destinata a ospitare guarnigioni militari; intorno ai giardini del Balio troviamo il Castello (al cui esterno si può ammirare lo stemma degli Asburgo) e la Torretta Pepoli, mentre le Torri del Balio sono oggi una lussuosa struttura ricettiva. Nel piccolo abitato sorgono poi numerosissime chiese che testimoniano diversi stili architettonici  e custodiscono preziose opere: prima fra tutte la chiesa Matrice (dell’Assunta), del 1314, accanto alla quale si erge l’imponente campanile che fu in origine una torre di vedetta. Meritano poi una visita la chiesa di San Martino, di probabili origini gotiche ma ricostruita e rimaneggiata tra il XVII e il XVIII secolo; San Giovanni, il cui impianto originale risale al XII secolo; San Cataldo, ricostruita nel Settecento su un originario impianto trecentesco. Passeggiando per le vie del paese, si possono poi ammirare numerosi palazzi nobiliari tra cui meritano menzione: palazzo Militari (con elementi gotici e chiaramontani), palazzo Palma (XVII sec.) e palazzo Majorana (XVIII sec.).
L’atmosfera peculiare e densa di mistero che si respira ad Erice ha di certo favorito il diffondersi di numerose leggende. La prima, proprio sulla sua origine, narra che il paese sia stato fondato dal re Erice, figlio di Afrodite, morto in seguito a uno scontro con Eracle per il predominio sul monte. Un altro mito di fondazione è quello virgiliano: Enea approda a Pizzolungo, ai piedi del monte, dove celebra il funerale del padre Anchise. In seguito ad alcuni incendi, l’eroe è costretto a lasciare a terra alcuni compagni di viaggio che si stanziano sul monte, fondando la cittadina. Infine, vi è ancora il mito della Venere ericina il cui culto fu così famoso da diffondersi in tutto il mondo romano: La dea offriva altresì la propria protezione anche a chi si congiungeva con le sacerdotesse, che praticavano la  prostituzione sacra dietro offerte e doni.

Trapani

L’antica Drepanon con la sua forma di falce si protende verso il mare, principale fonte di vita per l’attività della pesca e per il porto turistico- commerciale (un tempo fonte di ricchezza con la pesca del corallo). Percorrendo il centro storico si leggono i segni delle varie stratificazioni culturali, dal quartiere più antico Casalicchio, a quello ebraico della Giudecca, ai ruderi medievali del Castello di Terra, al Castello di Mare o della Colombaia. Splendidi sono, nel corso principale, il palazzo Senatorio e il palazzo Riccio di San Gioacchino. Interessanti le chiese del Purgatorio, che custodisce i Misteri (venti gruppi scultorei raffiguranti la passione di Cristo) e del Collegio. Poco distante dal centro storico il santuario dell’Annunziata e il Museo Pepoli, che custodisce imperdibili preziosi gioielli d’arte. A Sud della città, le saline costituiscono l’unicum ambientale da cui ha inizio l’itinerario della via del sale.
Il paesaggio di Trapani stupisce per la straordinaria bellezza. La configurazione della città a doppia falce che si protende nel mare quasi a dividere il Tirreno dal Mediterraneo, riconduce al suo nome antico Drepanon, nata dal mito quando Cerere, dea delle messi, alla disperata ricerca della figlia Proserpina rapita perse, proprio qui, la falce che recava in mano. Il vero spettacolo sono le isole Egadi e le saline  che fanno da  scenario sul mare di sud - ovest  la mattina al sorgere del sole e al tramonto offrendo suggestioni e colori emozionanti specialmente in estate. Proprio in questo spazio di mare vicino all’isola di Favignana vi fu la battaglia navale del 241 a.C. tra Romani e Cartaginesi che segnò la fine del dominio di Cartagine. Il paesaggio urbano è stato valorizzato in questi ultimi anni con interventi che hanno restituito alla città il prestigio della sua  nobile storia con il suo porto mercantile, quello turistico, il recupero delle mura di nord con il porticciolo di Ossuna e del bastione dell’Impossibile davanti il porto.
A sud del porto  si estende la Riserva Naturale Orientata delle Saline di Trapani e Paceco, con vasche per la coltivazione del sale. Sito di Interesse Comunitario (SIC)  costituisce una delle più importanti aree umide costiere della Sicilia occidentale per  le sue valenze biologiche, legate agli  aspetti faunistici e floristico - vegetazionali, ed è inserito come ZPS ( Zona a protezione speciale per gli uccelli) in quanto area di sosta sulla rotta delle migrazioni verso l'Africa e viceversa. All’interno della Riserva il sale marino viene ottenuto  secondo il metodo della coltivazione, lasciando evaporare l'acqua del mare, immessa in  grandi vasche salanti nel periodo invernale: gli elementi essenziali sono  l'acqua marina, il sole e il vento. La produzione avviene durante il periodo estivo, in particolare nei mesi di luglio, agosto e settembre e a seconda delle condizioni climatiche si possono effettuare anche tre raccolti.
I Greci la chiamarono Drepanon, falce, i Romani Drepanum; le origini elimo-puniche la vedono sorgere come porto di Erice e villaggio di pescatori. Amilcare Barca verso il 260 a.C. vi costruì il castello di terra, e quello di mare, primi punti-forza del sistema difensivo. Trapani  che nei secoli ha legato la sua storia e l’economia al mare, per la felice posizione del porto che favoriva i  commerci con l’Africa, assunse particolare importanza sotto gli Arabi ai quali si deve la matrice del più antico tessuto urbano. Giacomo d’Aragona nel 1286 la ampliò e Carlo V nel 1535, fermatosi a Trapani di ritorno da Tunisi, dispose il prolungamento delle mura verso ovest. È  la XIV tra le 27 città decorate con Medaglia d'oro come Benemerita del Risorgimento nazionale e ha dato i natali a personaggi illustri tra cui Leonardo Ximenes, astronomo ed ingegnere, e Nunzio Nasi, ministro delle poste e della pubblica istruzione nel governo Giolitti.
Custodi di splendide opere d’arte sono gli edifici di culto e in primo luogo il Santuario dell’Annunziata dove si venera La Madonna di Trapani, una stupenda statua marmorea trecentesca, attribuita a Nino Pisano e considerata  una  tra le più alte realizzazioni dell’artista. Una dolcissima Madonna degli Angeli di Andrea della Robbia, in terracotta invetriata, impreziosisce la chiesa di Santa Maria del Gesù, mentre un singolare Crocefisso gotico doloroso si conserva nella chiesa di San Domenico che possiede anche interessanti  affreschi  dei secoli XIV e XV. Nella cattedrale meritano attenzione: la Crocefissione, dipinto dai caratteri fiamminghi (sec. XVIII)  e  il Cristo Morto in pietra incarnata, un particolare tipo di alabastro locale. Interessanti nella chiesa dei Gesuiti le tele seicentesche del fiammingo Geronimo Gerardi, gli stucchi di Bartolomeo Sanseverino e l’icona marmorea di Ignazio Marabitti del secolo XVIII.
La ricchezza  del patrimonio architettonico che va dal XIV al XX secolo è rappresentata da: le trecentesche chiese di Sant’Agostino e di San Domenico con caratteristici rosoni gotico-chiaramontani, la splendida chiesa di Santa Maria del Gesù in forme gotiche ritardatarie, la cinquecentesca Giudecca, in stile plateresco, con torre rivestita da bugne a punta di diamante, il seicentesco palazzo Senatorio, la barocca chiesa del Collegio dei Gesuiti, internamente decorata con magnifici stucchi e marmi mischi, la severa cattedrale di San Lorenzo (sec. XVII), preceduta da un nartece del trapanese Giovanni Biagio Amico. Non meno significativo, fuori dal centro storico, è il  Santuario dell’Annunziata, di origini trecentesche con rosone sulla facciata principale e interessanti cappelle dei secoli XIV - XVI, assieme all’attiguo ex convento dei Carmelitani, ora sede del Museo Regionale “A. Pepoli”, con splendido chiostro. 

San Vito lo Capo

Spiaggia tra le più rinomate dell'Isola, sorge in una conca ai piedi del monte Monaco, al margine della piccola penisola che chiude il golfo di Castellammare. Il borgo, di tradizione marinara, si è sviluppato intorno a un'antica fortezza-santuario dedicata a San Vito. Il suo territorio, oltre alla suggestiva spiaggia molto affollata in agosto, comprende località meno conosciute ma non meno interessanti come Castelluzzo e Macari. Inoltre, nel comune di San Vito Lo Capo ricade buona parte della Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, visitabile a piedi. Da alcuni anni la città è diventata la sede di svolgimento del Cous Cous Fest e, più recentemente, dell'evento enogastronomico Tempu ri Capuna.
Immersa in un paesaggio costellato da rocce alte, spiaggette e scogli appuntiti, grotte, bagli e torri, San Vito accoglie con la stupenda costa di Makari e il bastione di Monte Monaco con il pizzo omonimo che, a seconda da dove si guarda, assume ora la forma di un prete in preghiera, ora di un cane in corsa.
Dalla sommità del monte, raggiungibile attraverso sentieri, unica e irripetibile  l'emozione che si prova alla vista dall'alto dei tre golfi insieme, di Castellammare, San Vito e Cofano, e nelle giornate di grande visibilità, anche dell'isola di Ustica. Dalle terrazze del santuario si gode dello stupendo panorama sulla spiaggia, lunga tre chilometri, sul mare azzurro e sulla cittadina, della quale si apprezza l'impianto regolare con case basse e vie rette e parallele. Nel paesaggio della splendida costa rocciosa si ergono le cinquecentesche torri del sistema isolano di difesa.
La storia della città è legata a San Vito che, secondo la tradizione, passò da Egitarso o Egitallo, denominazione romana del sito, nel III secolo d.C., costretto a lasciare la sua città Mazara, assieme al precettore Modesto e alla nutrice Crescenzia: egli abitò nelle caverne della zona, dedicandosi alla preghiera, nutrito da un corvo, come i Padri del deserto. Si ritiene che dopo il martirio del Santo, avvenuto intorno al 300 d.C. presso la foce del fiume Sele, ad Egitarso fosse sorta una chiesetta, rinnovata nel XV, e divenuta successivamente santuario-fortezza, per volere degli abitanti di Erice nel cui comprensorio ricadeva il territorio di San Vito, per dare ai pellegrini alloggio e protezione dalle incursioni piratesche. La città, che Comune dal 1952, si è sviluppata tra il XVIII e il XIX secolo attorno al santuario, come piccolo borgo di pescatori, appartenente all'agro ericino.
Il mare limpidissimo e la splendida spiaggia di sabbia fine, costellata da frammenti di rosso corallo, sono i protagonisti di questo stupendo paradiso naturale, grazie ai quali la città è entrata a far parte delle 300 località con spiagge più belle d'Italia ed ha anche ricevuto la Bandiera blu dìEuropa. Ad est si trovano coste alte e a picco sul mare, preludio di quella meraviglia che è la Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, che tutela uno dei tratti di costa più belli ed integri dell'isola, esteso per circa 7 chilometri , fino a Scopello, e caratterizzato da una splendida macchia mediterranea. Non meno interessante + il lato ovest della costa, più bassa e irta di scogli, con Cala Rossa e Cala Mancina,è lo scoglio dell'Isulidda, a pochi metri dalla costa rocciosa, e le grotte .
Area di grande interesse naturalistico e paesaggistico è anche il monte Monaco, alto 532 metri.
La presenza dell'uomo nel territorio, documentata da graffiti, pitture e materiali litici di età preistorica, rinvenuti nelle numerose grotte. Alcune incisioni sono visibili sulle pareti della grotta dell'Uzzo, all'interno della Riserva dello Zingaro, che ha anche restituito frammenti di vasi, selci, ossidiana, oltre a dodici scheletri umani e ad ossa di animali.
Nella zona di Piana di Sopra, la grotta dei Cavalli conserva pitture neolitiche dipinte in rosso, con disegni labirintici, simboli solari e figure antropomorfe, mentre la grotta cosiddetta del Racchio, preceduta da una avangrotta illuminata, contiene incisioni lineari di carattere presumibilmente magico e due graffiti raffiguranti cervi.
A pochi passi dall'ex tonnara si trovano antiche vasche cetarie, risalenti al IV secolo a.C., destinate alla lavorazione del pregiato garum, la salsa di pesce di cui i Romani andavano ghiotti.
All'interno del santuario, nella cappella di San Vito, impreziosita da marmi locali e da statue in stucco di Orazio Ferraro (1624-1628), posta ,al centro, la statua del Santo, una pregevole opera gaginesca del 1587, con episodi della sua vita, legati al soggiorno nella città del Capo, scolpiti nella base: la particolare levigatura dei piedi, dovuta alla secolare usanza, da parte dei pellegrini, di baciare i piedi in segno di devozione. Opere di arte contemporanea assolvono degnamente la funzione di arredi liturgici: l'altare e la scultura raffigurante San Vito di Capri Otti, entrambi in bronzo, il Crocefisso di Mario Cassisa, dello stesso materiale, e due steli candelabro in marmo di Ibrahim Kodra. A Martin Emschermann si deve il moderno simulacro (2005) in marmo di San Vito, posto sulla porta del santuario, e a Toti Taormina la statua bronzea del Santo (1999), sul molo Sopraflutto.
Robusto e solenne nel suo aspetto di fortezza, nella piazza principale si erge il santuario-fortezza dedicato a San Vito, sorto presumibilmente nel secolo XV, inglobando le strutture di una preesistente chiesa paleocristiana e rafforzato nel secolo XVI; recenti restauri (2003) hanno riportato in luce un ipogeo con due pozzi, forse destinati ad attività cultuali.
La cappella di Santa Crescenzia, piccolo suggestivo edificio a pianta quadrata, un originale esempio di architettura di fine secolo XV - inizi XVI, con influenze arabe, normanne e gotiche, dalla particolare soluzione della cupola, sostenuta da trombe a ventaglio.

Cefalù

Il comune di Cefalù si trova in Sicilia, a circa 72 chilometri a est. da Palermo. È compreso nel Parco Regionale Naturale delle Madonie e conta un ristretto numero di abitanti, che però aumenta durante il periodo estivo. Si trova sulla costa siciliana settentrionale e sorge ai piedi di un promontorio roccioso che ne fanno una delle città più suggestive dell’isola e una delle più scelte dalle coppie in viaggio di nozze.

Oltre ad essere uno dei centri turistici più importanti è anche uno dei maggiori centri balneari di tutta la regione; nonostante le sue dimensioni, ogni anno attrae un rilevante flusso di turisti locali, nazionali ed esteri che, nel periodo estivo, arrivano a triplicare la popolazione, rendendo affollate le principali piazze e le strade più importanti del paese. La sua bellezza fa sì che sia stata inclusa nel club de I borghi più belli d'Italia, l'associazione dei piccoli centri italiani premiati per la grande rilevanza artistica, culturale e storica, per l'armonia del tessuto urbano, la vivibilità e i servizi ai cittadini e ai turisti.
Il Duomo della città di Cefalù fa parte dei siti della Palermo arabo-normanna che dal 2015 sono inclusi nella lista dei Patrimoni dell'Umanità UNESCO. Il centro urbano si estende a forma di forma di cavallo all’interno della piccola area pianeggiante tra lo spuntone di roccia ed il sistema collinare retrostante, in una zona naturalistica molto pregevole.
Il paese ha origini antiche: venne fondato intorno al IV sec. a.C. dai Greci che la chiamarono Kefaloidion, e la usarono come avamposto fortificato, data la sua posizione strategica. In epoca ellenico-romana la città venne dotata di mura; durante il loro periodo di governo, i Bizantini lasciano alcuni resti di fortificazioni e cambiano il nome della città in Gafludi.
Nel 1063 il conte Ruggero d'Altavilla conquistò la città e ne fece un avamposto cristiano con la costruzione di numerose chiese. Alla morte di Federico II la città visse un periodo di instabilità economica e passò da un feudo all'altro, fino a quando venne riscattata dal Vescovo nel 1451. Il santo patrono della città di Cefalù è il Santissimo Salvatore, al cui culto è consacrata la Basilica Cattedrale; la festa patronale di Cefalù avviene ogni anno nella prima settimana di agosto.
Per chi ama le escursione nelle vicinanze di Cefalù si trova il Monte di Pietà che è stato fondato sulla Via Mandralisca nel 1703 dal vescovo Matteo Muscella. L’antica chiesa è ancora oggi visitabile e vi si arriva seguendo un lungo sentiero sterrato panoramico di media difficoltà. Secondo il Walled Towns Friendship Circle, un prestigioso circolo letterario inglese, Cefalù è una delle città murate meglio conservate non solo della Sicilia, ma in tutto il panorama europeo.

La Valle dei Templi

Area archeologica tra le più belle d’Italia, nonché la più grande del mondo, la Valle dei Templi è sita ad Agrigento, in Sicilia, ed è davvero un luogo magico.Caratterizzata da un ottimo stato di conservazione, e da importanti templi dorici del periodo ellenico, è visitata ogni anno da visitatori provenienti da tutto il mondo. Corrisponde all’antica Akragas, il nucleo monumentario originario della città di Agrigento. Ed è un parco archeologico regionale, il primo del Paese ad essersi dotato di un rapporto di sostenibilità, che certifica non solo il suo impegno sociale e culturale ma anche il suo impegno nei confronti dell’ambiente.Dichiarata nel 1997 Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO, la Valle dei Templi d'Agrigento è ricchissima di templi e monumenti. Quali sono i principali? Il Tempio di Era (Giunone) Lacinia, eretto a 120 metri d’altezza, caratterizzato da 34 colonne e datato 450 – 440 a.C.; il Tempio della Concordia, il meglio conservato tra tutti, costruito a partire dal 430 a.C. e la cui cella era preceduta da una semplice anticamera a due colonne ed era seguita da un altro vestibolo atto a custodire il tesoro, i doni votivi e l’archivio del tempo; e soprattutto il Tempio di Demetra (480 – 470 a.C.), interessantissimo esempio di edificio distilo in antis, privo dunque del colonnato esterno e formato da una semplice cella preceduta da un pronao a due colonne.Son ben dodici, i templi a cui i resti della Valle dei Templi appartengono. E poi tre santuari, le necropoli, opere idrauliche, fortificazioni, l’Agorà Inferiore e l’Agorà Superiore, un Olympeion e un Bouleuterion. Alcuni templi erano davvero grandiosi. Basti pensare al Tempio di Zeus, costruito dopo la vittoria degli agrigentini sui cartaginesi ad Himera: circondato da semicolonne, era lungo 113 metri per 56 di larghezza, e occupava le dimensioni di un campo da calcio capace d’accogliere 42.000 persone.Gli agorà ospitavano zone sacre e zone di botteghe, mentre il bouleuterion era un edificio pubblico legato alle riunioni della boule – l’assemblea dei rappresentanti eletti dal popolo –, con funzioni prettamente legislative. Che si segua un percorso prestabilito, o si decida semplicemente di vagare tra i monumenti in tutta libertà, una visita alla Valli dei Templi è quindi d’obbligo. Almeno una volta nella vita. Agrigento è terra d’itinerari. Un luogo splendido, in cui è possibile muoversi sulle orme di Pirandello, de Il Gattopardo, di Montalbano. Ma è proprio il percorso all’interno della Valle dei Templi, il più spettacolare.Si inizia dalla Rupe Atenea, dove si trovavano il Santuario di Zeus Atabyrios e di Athena Lindia e dove oggi – sull’estremità oritentale – è possibile ammirare il Tempio di Demetra (inglobato nella chiesetta medievale di San Biagio), il santuario rupestre di Demetra e di Persefone e resti di fortificazioni greche. Proseguendo lungo la Via Panoramica dei Templi, si trovano la biglietteria e il Tempio di Giunone; da qui, la Via Sacra taglia invece in due la Collina dei Templi. Sulla sinistra, ecco, resti delle mure greche e degli arcosoli bizantini e – soprattutto – il Tempio della Concordia, tra i meglio conservati del mondo greco.Proseguendo, sulla destra si possono ammirare la Villa Aurea, una zona sepolcrale ipogea, e il Tempio di Ercole (Eracle), il più antico dei templi agrigentini. Oltrepassando la Via Sacra si entra nell’area del colossale Tempio di Zeus o Giove olimpico, tra i più grandi del mondo greco, e – sotto –  il Santuario delle Divinità Ctonie (Demetra e Persefone) e il giardino della Kolymbetra, un agrumeto gestito dal FAI.ll percorso si chiude risalendo verso la città moderna, e attraversando il poggetto di San Nicola (un tempo l’agorà superiore), consa all’interno il Sarcofago di Fedra e di Ippolito e il “Signore della Nave”, un grande crocifisso che ha ispirato un’opera di Luigi Pirandello. Gli ultimi luoghi di interesse sono l’Ekklesiasterion, l’Oratorio di Falàride e il Museo Archeologico Nazionale, sede dello splendido Efebo di Agrigento.

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